Paolo Tessadri – Fonte: © Giornale Trentino
20 aprile 2020
Quasi tutte le aziende avevano chiuso la produzione, ma non le aziende che producono armi, considerate essenziali dal governo. Anche la produzione degli F-35 è proseguita a Cameri nel Novarese
….Fincantieri, invece, ha sostanzialmente chiuso. La Beretta ha chiuso quasi tutto tranne il magazzino e le spedizioni. Quindi prosegue l’export della Beretta. Le altre aziende produttrici di armi comuni (fucili da caccia) hanno perlopiù chiuso e riaperto da pochi giorni alcuni settori. Hanno proseguito le attività le aziende che fabbricano armi militari, come la Victrix in Val Seriana, nel Bergamasco.
Giorgio Beretta, ricercatore di Opal di Brescia, l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa, riassume così la situazione: “In Italia sono 231 le imprese produttrici di armi e munizioni, rispettivamente 107 e 124”. Ed è molto critico sul fatto che alcune produzioni non siano state riconvertite a fini sanitari.
Nel 2018 l’Italia, secondo la relazione governativa sull’export italiano di armamenti, vendeva le armi in regioni calde come Africa e Medio Oriente. Ma anche verso l’Egitto, nonostante la vicenda Regeni, e Arabia Saudita, impegnata nella guerra contro lo Yemen. E in altri 90 Paesi nel mondo.
La spesa sanitaria in Italia si è ridotta dal 7 per cento del pil al 6,5, ma la spesa militare è cresciuta dall’1,25 per cento all’1,43 per cento nel 2020, in soldoni 26 miliardi di euro ogni anno. Solo lo Stato per i suoi armamenti spende 5,4 miliardi di euro all’anno.
I medici in prima linea, le armi al fronte.
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