Weapon Watch, dall’Italia la rete globale che svela i traffici di armi

Business militare. Il progetto nasce dalla mobilitazione dei portuali dello scorso anno contro il cargo saudita Bahri Yanbu. Uno strumento transnazionale di analisi dei movimenti e dei lavoratori per definire la geografia dei produttori di armi e i percorsi

Anche la presenza di personale di polizia durante le soste delle Bahri entro la cinta portuale testimonia i forti interessi, venuti alla luce con l’azione dello scorso maggio a Genova. Come ha sottolineato Carlo Tombola, coordinatore scientifico di Opal (Osservatorio Permanente Armi Leggere di Brescia), autore insieme a Sergio Finardi del libro La strada delle armi e tra i fondatori di Weapon Watch, è stato il movimento stesso nato dal blocco della Bahri Yanbu a decidere di dotarsi di uno strumento di conoscenza.

L’associazione nasce dunque dalla volontà di creare uno strumento trasversale di analisi e un luogo critico in cui discutere, confrontare idee, creare dibattito e conflitto. «Il nostro progetto – spiega Tombola – è definire una geografia dei produttori di armi che trasportano questa merce attraverso i porti, che rappresentano il perno della filiera logistica militare. Dobbiamo e vogliamo osservare le armi che transitano nei porti attraverso la creazione di una rete nazionale e transnazionale, sia perché è nei porti che queste merci diventano meno nascoste, sia perché i lavoratori dei porti e i marittimi sulle navi non amano maneggiare queste merci mortifere»… leggi tutto l’articolo