Nuova nave-cargo in arrivo a Genova: gravissime le responsabilità del Governo, rinnoviamo il nostro appello ai portuali

Comunicato Stampa
Nuova nave-cargo in arrivo a Genova: gravissime le responsabilità del Governo, rinnoviamo il nostro appello ai portuali

18 giugno 2019

E’ previsto fra due giorni – la mattina di giovedì 20 giugno – l’arrivo nel porto di Genova di un’altra nave-cargo saudita, la Bahri Jazan, con il probabile intento di imbarcare i 4 gruppi elettrogeni della Teknel che, a seguito delle mobilitazioni dei lavoratori portuali, erano stati trasferiti nelle scorse settimane al Centro smistamento merci (Csm) per essere ispezionati. Ancora una volta rinnoviamo il nostro appello al Governo a sospendere immediatamente l’invio di ogni tipo di materiale militare destinato all’Arabia Saudita e contestualmente invitiamo le maestranze del porto di Genova a non prestare il proprio servizio per operazioni di carico di merci e materiali militari o di uso duale destinati ai sauditi.

Come noto, grazie alla mobilitazione dei lavoratori portuali e della società civile, lo scorso 21 maggio la nave cargo saudita Bahri Yanbu è salpata dal porto di Genova senza imbarcare il materiale “dual use”, ma con specifche anche militari, destinato all’Arabia Saudita. Si tratta di 4 gruppi elettrogeni su rimorchio, dotati di palo telescopico del tipo TK 13046 prodotti dall’azienda Teknel di Roma per alimentare centri di comunicazione, comando e controllo per operazioni di natura aerea e terrestre. Questi generatori – come documenta la Relazione governativa sulle esportazioni di materiali militari (si veda foto allegata) – fanno parte di un ordinativo di 18 gruppi elettrogeni del valore 7.829.780 di euro la cui esportazione è stata autorizzata alla Teknel da parte del competente organo nazionale, l’Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) che fa capo al Ministero degli Esteri. A seguito di questa autorizzazione tali prodotti sono da ritenersi, a tutti gli efetti, materiali ad uso militare sia per la tipologia di materiale sia per il destinatario e utilizzatore fnale: la Guardia Nazionale Saudita, corpo di natura militare, secondo molte fonti dispiegato nel confitto in Yemen.

Non è compito, quindi, né delle autorità locali (Prefettura, Questura, Autorità Portuale ecc.), né dell’azienda e nemmeno dei lavoratori portuali o dei loro sindacati stabilire se si tratta o meno di materiali militari: ciò è già stato defnitivamente stabilito dall’Autorità nazionale UAMA che ne ha autorizzato l’esportazione proprio in tale forma e con le opportune procedure.

Dobbiamo purtroppo prendere atto che da parte del Governo italiano non sono ancora giunte decisioni riguardanti il blocco dell’invio di materiali militari verso i Paesi coinvolti nel confitto in Yemen, come invece fatto da altri Paesi europei nostri partner. Nessuna decisione formale è stata presa nonostante il Presidente del Consiglio Conte abbia dichiarato lo scorso 28 dicembre 2018 davanti alla stampa nazionale e internazionale che «il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze». Nulla di tutto ciò purtroppo è ancora avvenuto.

Anche alla luce di questi ulteriori sviluppi le nostre organizzazioni rinnovano l’appello:

– al governo italiano di sospendere l’invio di ogni tipo di materiali d’armamento alla coalizione miliare capeggiata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti che da più di quattro anni è intervenuta nel confitto in Yemen utilizzando anche bombe aeree di fabbricazione italiana per efettuare bombardamenti indiscriminati che gli esperti delle Nazioni Unite hanno defnito come “crimini di guerra”. Queste esportazioni sono in totale contrasto con la legge 185/1990 e col Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese.

  • al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al Ministro degli Affari Esteri, Enzo Moavero Milanesi, di farsi promotori, presso i paesi dell’Unione europea, di un’istanza di embargo o almeno di sospensione di forniture di armamenti e sistemi militari nei confronti dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti così come richiesto da numerose risoluzioni votate ad ampia maggioranza dal Parlamento europeo.
  • al Parlamento italiano chiediamo di esaminare con attenzione le autorizzazione rilasciate dal governo per forniture di armi italiane nelle zone di confitto, in particolare per quanto riguarda la guerra in corso in Yemen. In questo senso chiediamo che sia finalmente calendarizzato e affrontato il dibattito in Commissione Esteri alla Camera fermo ormai da troppi mesi pur in presenza di alcuni testi di Risoluzione già formalmente presentati.
  • ai sindacati ed ai lavoratori portuali e aeroportuali chiediamo di mantenere alta l’attenzione su tutti i materiali di tipo militare destinati a Paesi esteri che possono essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto umanitario e delle convenzioni internazionali sancite dall’Italia. Di rifutarsi di ofrire il proprio lavoro per efettuare trasbordi di questi materiali militari, in particolare di quelli destinati alle forze armate dei Paesi impegnati nel confitto in Yemen. Chiediamo ai sindacati di predisporre le misure necessarie affinché i lavoratori che non intendono offrire il loro lavoro, siano pienamente tutelati.
  • a tutte le associazioni della società civile ed ai sindacati chiediamo di manifestare la propria adesione a queste richieste e di coordinarsi con le nostre associazioni che hanno ripetutamente chiesto ai precedenti Governi e all’attuale Governo Conte di sospendere l’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita.

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Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Movimento dei Focolari Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Oxfam Italia

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