La corsa alle armi facili significa solo più insicurezza: “Italia sotto tiro”

Andrea Maggiolo – Fonte: ©Today

Più armi in circolazione sono una minaccia per tutti: “Servono maggiori controlli con visite specifiche e test più approfonditi” per le licenze, dice a Today Stefano Iannaccone, autore di “Sotto tiro. L’Italia al tempo delle armi e dell’illusione della sicurezza”. Nonostante i numeri allarmanti, il tema armi fa fatica a restare al centro del dibattito pubblico

Uno stillicidio pressoché quotidiano. Nei primi sei mesi del  2019 più di 50 persone sono morte in Italia per armi legalmente detenute: il dato tiene conto di omicidi, suicidi e incidenti. Un morto ogni tre giorni. Si è purtroppo facili profeti nel prevedere un centinaio di morti entro la fine dell’anno a causa di proiettili esplosi da un’arma regolarmente denunciata e detenuta. Numeri alla mano, in Italia le pistole in casa provocano più morti di azioni criminali violente. Se gran parte degli omicidi da nord a sud avviene con armi regolarmente detenute, è doveroso che il tema armi sia centrale nel dibattito pubblico. Così non è, per ora.

Calano in Italia le licenze concesse per difesa personale, non quelle per uso sportivo: le norme e i controlli dovrebbero essere più restrittivi? Giorgio Beretta (Opal), che abbiamo intervistato in passato, ci raccontava che oggi in Italia è più difficile ottenere la patente per guidare l’auto che una licenza per armi per uso sportivo: la pensi così anche tu?“Uno dei tanti problemi che denuncio in Sotto Tiro è proprio la facilità con cui oggi si può ottenere una licenza in Italia – dice a Today Iannaccone – Sono totalmente d’accordo con Beretta, peraltro autore della postfazione del libro, quando dice che è più facile avere una licenza per le armi sportive che prendere la patente. Eppure, c’è la convinzione che nel nostro Paese sia difficile possedere legalmente una pistola. In un quadro del genere sarebbero necessari maggiori controlli con visite specifiche e test più approfonditi. Del resto se una persona non ha nulla da temere perché dovrebbe sottrarsi a qualche controllo in più? Stai cercando di avere delle pistole, non dei peluche…”

Una domanda che ritengo centrale: esiste in Italia una piccola ma crescente “lobby delle armi”? Il suo peso specifico è aumentato negli ultimi anni? Quali pressioni è realmente in grado di attuare?

“Chiamiamola rete, chiamiamola lobby, come preferisco fare: in ogni caso esiste un’organizzazione degli appassionati delle armi con un peso crescente. Non è la National Rifle Association statunitense, ma il modello individuato è quello. Lo abbiamo visto con il Comitato direttiva 477: ha svolto un ruolo fondamentale per influenzare le decisioni del governo in merito al recepimento della direttiva europea. E alla fine il recepimento è avvenuto con un “regalo” alla lobby: si possono detenere più armi, 12 invece di 6, con una sola licenza. In cambio il ministro dell’Interno Salvini si è fatto immortalare con un fucile in mano all’Hit Show di Vicenza, la fiera delle armi più importante in Italia – commenta Iannaccone – L’organizzazione lobbistica funziona molto anche sul web: me ne sono accorto dalle tempeste di commenti e insulti, evidentemente coordinati, arrivati sulla pagina Facebook di Addio alle armi. La pressione è notevole, come lo è la mole di voti capace di spostare”.

Armi al centro del dibattito: la responsabilità politica e culturale

Abbiamo chiesto anche a Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia, autore della postfazione di “Sotto Tiro”,  come mai il tema armi faccia fatica a restare a lungo al centro del dibattito pubblico: Beretta è stato spesso ospite di trasmissioni radio e TV. Alla domanda se avverta un maggior interesse sul tema nell’ultimo anno, da quando la nuova legge sulla legittima difesa ha dato il là a proteste e dure critiche di parte della società civile, l’analista risponde così: “La domanda – dice a Today  – è centrale e, come ho evidenziato nella post-fazione al saggio di Iannacone, concerne le responsabilità non solo dei media, ma della politica e anche del mondo della cultura. Come noto, i mass-media, ed in particolare diversi programmi televisivi, tendono a spettacolarizzare i fatti e mostrano un interesse differente a seconda dei reati: mentre i furti e le rapine nelle abitazioni diventano motivo di lunghi dibattiti nei vari talk-show, pochissima attenzione è invece data agli omicidi da parte di legali detentori di armi che tendono ad essere considerati come eventi isolati, quasi delle fatalità”.

“L’esempio più chiaro è stato proprio in occasione del recente dibattito sulle modifiche alla legge sulla legittima difesa: la quasi totalità delle trasmissioni televisive ha dato ampio spazio, con ricostruzioni e interviste, a quei pochi casi in cui l’aggressore si è difeso con le armi, ma ha totalmente ignorato l’altra faccia della medaglia e cioè tutti i casi di omicidi compiuti da legali detentori di armi. Queste due questioni andrebbero invece affrontate insieme perché riguardano lo stesso problema che è quello della sicurezza nelle case degli italiani. Qui sta la responsabilità della politica che, da un lato appare più interessata ad raccogliere il consenso proponendo soluzioni spicciole di tipo privatistico, e dall’altro sembra incapace di sviluppare un approccio organico alla materia. Va, purtroppo, registrata anche una certa carenza da parte degli esponenti della cultura: aiutare a riflettere su queste questioni uscendo dalle strettoie della casistica per mettere in luce i modelli culturali e sociali sottesi alle varie proposte e “soluzioni” propagandate dalla politica sarebbe un loro compito, quanto mai prezioso e sempre più necessario”… leggi tutto l’articolo