L’appello: stop alle armi nucleari

Luciano Zanardini – Fonte: © La Voce del Popolo
04 gennaio 2021

In occasione del Mese della Pace, iniziato il 1° gennaio con la Giornata Mondiale della Pace, voluta da San Paolo VI, un gruppo di persone, sollecitate dai ripetuti interventi in merito di papa Francesco, ha preparato e sottoscritto, a titolo personale, un documento sul tema delle armi nucleari. Questo documento viene ora diffuso fra le varie realtà associative, istituzionali, di volontariato e culturali del mondo cattolico bresciano e su di esso si chiede ad ognuna di valutare la possibilità di sottoscriverlo.

Su queste tematiche le parole del Papa sono chiare da tempo. È bene però che anche la società civile continui a far sentire la sua voce per sensibilizzare l’opinione pubblica, la realtà ecclesiale e chi, nel campo politico, ha la responsabilità diretta di prendere le decisioni. Ognuno è chiamato a informarsi e ad avere una coscienza critica. Anche oggi, visto il contesto in cui viviamo, c’è la possibilità di aprire spazi di confronto, di tornare a mettere al centro del dibattito, nei quartieri e nelle parrocchie, la pace.

Con una lettera, al quale si può aderire, i promotori chiedono al mondo politico locale e nazionale di attivarsi affinché: l’Italia ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle Armi Nucleari; dal territorio del nostro Paese siano eliminate tutte le armi nucleari che vi sono stanziate; siano sospesi i lavori di ampliamento della base di Ghedi.

Tra i primi firmatari, ci sono laici impegnati nel sociale (Angelo Onger, Andrea Franchini, Anna Scalori, Anselmo Palini, Dante Mantovani, Giorgio Zubani, Giuliana Sberna, Luigi Manfè, Mauro Scaroni, Rosalba Panaro e Urbano Gerola), sacerdoti (don Alfredo Scaratti, don Fabio Corazzina, don Gabriele Scalmana, don Umberto Dell’Aversana) e religiosi (padre Girolamo Miante e padre Mario Menin).

Le adesioni al documento devono essere inviate, possibilmente entro il 21 gennaio 2021, sia a Anselmo Palini (palini.anselmo@gmail.com) che a Andrea Franchini (famigliafranchini@gmail.com).

Il testo completo dell’appello

La Giornata Mondiale della Pace che si celebra il 1° gennaio di ogni anno, introdotta da Paolo VI il 1° gennaio 1968, ci invita a percorrere con determinazione le strade della pace e a contrastare la logica delle armi e della guerra. Tra le realtà che contraddicono con il sogno di una pacifica convivenza umana vi sono certamente gli ordigni atomici, ossia le armi di distruzione di massa.

Nell’agosto di 75 anni fa due bombe atomiche, sganciate su Hiroshima e Nagasaki, causarono oltre 200mila vittime, radendo al suolo le due città. Altre decine di migliaia di persone morirono nei mesi successivi, altre ancora subirono danni permanenti.

Da allora le armi di distruzione di massa sono diventate sempre più efficaci ed efficienti, con potenzialità distruttive molto superiori a quelle messe in mostra in Giappone. La storia in questo caso non è stata certo maestra di vita e l’uomo, nonostante gli orrori di 75 anni fa, invece di eliminare tali tipi di armamenti li ha resi ancora più potenti. Ora le armi nucleari stoccate in varie parti del mondo sono in grado di distruggere più volte l’intero pianeta.

Oggi nel mondo vi sono circa 14mila testate nucleari e nuove armi ancora più devastanti sono in fase di sviluppo. Gli Stati dotati di ordigni atomici stanno anche realizzando nuovi vettori e altri strumenti che rendano più facile il loro utilizzo. Si è così creato un equilibrio del terrore, sottile però come un filo che rischia di spezzarsi ogni giorno. Permane inoltre il problema delle conseguenze sull’ambiente dei test di questi micidiali strumenti di distruzione e di morte, mentre crescono pure i rischi legati a un errore o a un incidente di ogni tipo, anche di natura terroristica.

A tali programmi militari sono destinate enormi risorse finanziarie che in questo modo vengono sottratte al loro uso per l’istruzione, per la sanità, per l’ambiente, per lo sviluppo dei popoli più poveri.

Tutti gli ultimi Pontefici hanno condannato in modo fermo la corsa agli armamenti, rifacendosi a quanto scritto nel documento conciliare Gaudium et spes:

«Si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale ricorrono molte nazioni, non è la via sicura per conservare saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si spendono enormi ricchezze per procurarsi sempre nuove armi, diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi del mondo presente» (81).

Lo spreco di denaro negli armamenti risulta oggi ancora più scandaloso alla luce della pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo. Molti Paesi, infatti, si ritrovano con strutture sanitarie e assistenziali inadeguate ad affrontare questa pandemia. Dirottare le spese militari verso la lotta contro il covid 19 sarebbe quanto mai urgente e auspicabile.

È quanto ha richiesto papa Francesco nel mese di aprile 2020, in piena emergenza per il coronavirus, in una preghiera composta in vista del mese mariano di maggio:

«Maria Santissima, tocca le coscienze perché le ingenti somme usate per accrescere e perfezionare gli armamenti siano invece destinate a promuovere adeguati studi per prevenire simili catastrofi in futuro».

Papa Francesco è tornato sullo scandalo delle spese militari nell’enciclica Fratelli Tutti (262) e anche nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2021, dove ha scritto:

Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari.  Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi globali come l’attuale pandemia da covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che decisione coraggiosa sarebbe quella di costituire con i soldi che si impegnano per le armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri.

In Italia, nelle basi di Aviano (Pordenone) e di Ghedi (Brescia), sono presenti ordigni nucleari (B61), una quarantina circa. E nella base di Ghedi si stanno ampliando le strutture per poter ospitare i nuovi cacciabombardieri F35, ognuno dal costo di almeno 155 milioni di euro, in grado di trasportare nuovi ordigni atomici ancora più potenti (B61-12).

Il nostro Paese si è impegnato ad acquistare 90 cacciabombardieri F35 per una spesa complessiva di oltre 14 miliardi di euro, cui vanno aggiunti i costi di manutenzione e quelli relativi alla loro operosità.

La presenza di armi di distruzione di massa sul suolo del nostro Paese trova la nostra netta contrarietà. Riteniamo che tale presenza sia in contrasto con la Costituzione là dove, all’art. 11, si afferma che «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Le armi di distruzione di massa non hanno certamente uno scopo difensivo e in quanto tali colpiscono indiscriminatamente civili e militari, devastando interi territori e causando la morte di quanti li abitano, uomini, donne, bambini, anziani.

La presenza di tali ordigni sul territorio italiano è in contrasto anche con il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari, al quale l’Italia ha aderito nel 1975 impegnandosi a «non ricevere da chicchessia armi nucleari né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente» (art. 2).

Nel suo viaggio in Giappone del novembre 2019 papa Francesco non solo ha condannato l’uso o la semplice minaccia dell’uso di armi nucleari, ma anche il mero possesso di tali ordigni.

Ciò è stato affermato a voce alta e forte dal Papa domenica 24 novembre 2019 a Hiroshima, nel luogo simbolo «del buco nero di distruzione e di morte», nell’«abisso del silenzio» provocato dallo scoppio della bomba atomica che il 6 agosto 1945 distrusse la città, «in un’ora tremenda che segnò per sempre non solo la storia di questo Paese, ma il volto stesso dell’umanità»:

 «Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra».

Anche a Nagasaki, nella spianata dell’Atomic Bomb Hypocenter Park, papa Francesco ha utilizzato parole taglienti:

«Nel mondo di oggi, dove milioni di famiglie e di bambini vivono in condizioni disumane, i soldi spesi e le fortune guadagnate per fabbricare, ammodernare, mantenere e vendere armi, sempre più distruttive, sono un attentato continuo che grida al cielo».

Già poco prima della partenza per il viaggio in Giappone, il Papa aveva ricevuto in Vaticano una delegazione dell’Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons – Campagna internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, realtà che ha ricevuto il Nobel per la pace nel 2017), guidata dalla direttrice esecutiva Beatrice Fihn, che aveva ringraziato il Pontefice per il suo impegno a favore del “Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari”, di cui la Santa Sede è stata tra i primi firmatari

Questo Trattato, votato all’Onu nel luglio 2017 da 122 Paesi (assente l’Italia), afferma che le armi nucleari sono inaccettabili e disumane.

Sabato 24 ottobre 2020 il Trattato di proibizione delle Armi Nucleari ha visto la ratifica operata dal 50° Stato, l’Honduras. Il 22 gennaio 2021, al termine dei 90 giorni previsti dopo la 50esima ratifica, il Trattato diventerà giuridicamente vincolante per tutti i Paesi che l’hanno firmato. Questo Trattato rende illegale, nei Paesi che l’hanno sottoscritto, l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari.

Quanto detto da papa Francesco in Giappone riecheggia l’implorazione di Paolo VI elevata il 4 ottobre 1965 davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite: «Mai più la guerra! Mai più la guerra! Lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con le armi in pugno».

E richiama anche quanto scritto nella Gaudium et spes (n. 80), dove si condanna la guerra totale, e dunque anche la guerra nucleare che è di tale specie, una condanna ribadita in modo netto da papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti (nn. 255-262).

Sulla base di tutte le considerazioni qui esposte e nell’aderire convintamente alla campagna “Italia ripensaci”, che ha registrato una forte mobilitazione affinché il nostro Paese “ripensi” la propria posizione e ratifichi il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, una Campagna che ha visto Brescia in prima fila con l’adesione di 54 Enti Locali (tra cui Comune di Brescia e Provincia di Brescia) e di 74 tra associazioni, gruppi e altre realtà del mondo cattolico e della società civile,

chiediamo al mondo politico locale e nazionale di attivarsi affinché:

Il nostro Paese ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle Armi nucleari;

Dal territorio del nostro Paese siano eliminate tutte le armi nucleari che vi sono state stanziate;

Siano sospesi i lavori di ampliamento della base di Ghedi