Le mani del complesso militare-industriale sul Next Generation Eu

Giorgio Pagano – Fonte: © Micro Mega
12 aprile 2021

I fondi europei saranno utilizzati per una conversione sociale ed ecologica della società o per sostenere l’industria militare italiana? Il documento votato dalle Commissioni Difesa fa pensare al peggio.
“Non c’è un mondo di ieri a cui tornare, ma un mondo di domani da far nascere rapidamente”: così è scritto nell’introduzione al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).[…]

C’è ancora di più. Come evidenzia spesso Giorgio Beretta dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL), l’industria militare da diversi anni è sempre più calibrata sulle richieste dei “mercati esteri” rispetto alle reali esigenze del nostro Paese. La gran parte della produzione di sistemi militari è infatti destinata all’export. È il settore in cui c’è stata la miglior performance del Governo Renzi. Nei 1024 giorni di permanenza a Palazzo Chigi, Matteo Renzi ha raggiunto un primato storico: ha sestuplicato le autorizzazioni per esportazioni di armamenti, da poco più di 2,1 miliardi ad oltre 14,6 miliardi di euro, con un incremento del 581%.

Ma – ecco la questione – più della metà dell’export di armamenti non è per gli alleati dell’UE e della Nato, ma è diretta ad altri Paesi, soprattutto nella zona di maggior tensione del mondo: Nord Africa e Medio Oriente.

Conseguentemente è cresciuta sempre più la distanza tra la lettera della legge 185 – con il suo divieto ad esportare armi verso Paesi in stato di conflitto armato, sotto embargo internazionale, con politiche in contrasto con l’articolo 11 della nostra Costituzione, con gravi violazioni dei diritti umani e comunque sempre seguendo la direzione della nostra politica estera- e la sua applicazione, soprattutto recente.

I casi più eclatanti sono le forniture di armamenti a Paesi in conflitto come l’Arabia Saudita – durante il Governo Renzi la maggiore licenza per esportazione di bombe aeree, 19.675, ha riguardato il Governo dell’amico Mohammad bin Salman – e a Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, come la Turchia e l’Egitto.[…]