Navi dismesse a peso d’oro: l’Italia vende la vecchia flotta anche ai regimi autoritari

Stefano Iannaccone – Fonte: © Addio Alle Armi
25 giugno 2018

Si è presentato con gli abiti del salone per la ricerca e l’innovazione, ma nei fatti si è trasformato in un momento per cercare contatti buoni con lo scopo di vendere le navi militari dismesse a chiunque. Compresi i Paesi che non hanno rispetto dei diritti umani e che sono in guerrA. Il Seafuture 2018 di La Spezia, terminato il 23 giugno, ha cambiato pelle rispetto al progetto iniziale, proseguendo una metamorfosi costante: ora la Marina Militare mette in mostra parte della vecchia flotta in cerca di acquirenti.

Il comitato Riconvertiamo Seafuture ha infatti denunciato:

Negli ultimi anni, inoltre, la rilevanza internazionale di Seafuture è stata promossa attraverso l’invito alle Marine Militari di diversi di Paesi esteri ed in particolare ai rappresentanti delle Marine Militari dei paesi dell’Africa e del Medio Oriente che – come riporta il comunicato ufficiale – “potrebbero essere interessate all’acquisizione delle unità navali della Marina Militare italiana non più funzionali alle esigenze della Squadra Navale, dopo un refitting effettuato da parte dell’industria di settore”.

Regimi sulle navi

All’evento hanno infatti presenziato, dopo l’apposito invito, rappresentanti dell’Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti, del Kuwait, e del Qatar. Paesi che sono impegnati (o lo sono stati) militarmente, senza alcun mandato internazionale, nel conflitto in Yemen. Ma nell’elenco ci sono anche l’Egitto di al-Sisi, che con l’Italia non ha tuttora chiarito il delitto di Giulio Regeni, e altri Paesi africani come Angola, Mauritania, Mozambico, Niger, Senegal, i cui standard di rispetto dei diritti umani non sono propriamente esemplari. Un’operazione che va oltre le intenzioni iniziali del salone.

Giorgio Beretta, analista dell’Opal (Osservatorio permanente sulle armi leggere), ha chiarito così la questione:

Non intendo mettere in discussione la legittimità della Marina Militare di fornire a paesi esteri sistemi navali che, dopo il necessario refitting e adattamenti vari, possano essere da loro utilizzati per esigenze di difesa. E nemmeno intendo criticare l’intenzione di approfittare della dismissione delle unità navali per provare a rivenderle.
Quello verso cui punto il dito è innanzitutto la voglia di far cassa ad ogni costo, sottacendo sulle persistenti violazioni delle convenzioni e delle norme internazionali in materia di diritto umanitario e di diritti umani da parte dei paesi a cui vendiamo armamenti, più o meno nuovi…leggi tutto l’articolo

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