Ancora violenze in Myanmar, anche con armi italiane

Marco Lupis – Fonte: © Huffingtonpost
10 marzo 2021

Saltano fuori proiettili di fabbricazione italiana sparati dalla polizia contro un’ambulanza a Mandalay

Il 3 marzo scorso, nel distretto di North Okkalapa a Yangon, la principale città del Myanmar, una telecamera a circuito chiuso inquadra alcuni agenti di polizia che bloccano un’ambulanza civile e costringono il personale a scendere, sotto la minaccia delle armi. La drammatica scena continua con gli agenti che cominciano a picchiare a sangue gli infermieri e l’autista, mentre un altro poliziotto spara con un fucile attraverso il parabrezza. Una scena di ordinaria violenza in questi giorni di feroce repressione dopo il golpe militare del primo febbraio, se non fosse che un giornalista locale, giunto poco dopo con il suo cameraman sul luogo dell’attacco, raccoglie da terra i proiettili espulsi e li mostra alla telecamera. Sopra si legge chiaramente il marchio dell’azienda di armamenti italiana Cheddite Italy Srl. A quel punto, un altro giornalista, questa volta del quotidiano birmano The Irrawaddy, riesce a contattare l’azienda di Livorno per chiedere conto della presenza delle loro munizioni in un contesto, il Myanmar in rivolta, appunto, dove proprio non dovrebbero esserci…
La Rete Italiana Pace e Disarmo (RIPD) ha chiesto che si apra un’indagine ufficiale per chiarire la vicenda: “considerato il ritrovamento a Yangon di bossoli di munizioni di produzione italiana” ha dichiarato Giorgio Beretta, analista della RIPD e dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) di Brescia, “diventa necessario, da parte delle autorità italiane competenti, un attento esame delle esportazioni di munizioni effettuate dalla azienda in questione per verificare se siano state in qualche modo esportate illegalmente o riesportate da Paesi terzi senza la necessaria autorizzazione da parte dell’Italia”…
“Da tempo sosteniamo come le munizioni debbano essere considerate allo stesso livello delle armi leggere per il loro impatto devastante – sottolinea Francesco Vignarca coordinatore delle campagne di RIPD – “perché quando nascono situazioni di conflitto, di tensione, di repressione è proprio il flusso di pallottole e munizioni il primo da bloccare sul nascere, se l’obiettivo è quello di ridurre gli scontri. Per questo”, continua, “chiediamo formalmente al Governo e al Parlamento Italiano di aprire una indagine completa e approfondita al fine di capire sotto quale normativa e con quali procedure siano stati autorizzati all’esportazione i lotti relativi alle cartucce trovate in Myanmar”