Armi clandestine, chiusa azienda di Treviso. Il proprietario indagato attaccava le banche che non gli prestavano soldi per ragioni etiche

Giuseppe Pietrobelli – Il Fatto Quotidiano

9 maggio 2022

Domenico Mario Libro, milanese, 57 anni, è accusato di gestione e messa in commercio di armi clandestine, mancata custodia di armi, trasporto abusivo di armi e parti di esse senza l’obbligatorio preavviso all’autorità di pubblica sicurezza. Il sospetto è che una parte della produzione sia scomparsa, destinata al mercato parallelo che cerca armi da usare per scopi illeciti. L’uomo, durante la pandemia, accusava gli istituti di credito per la scelta di non concedere prestiti ai produttori di materiale bellico.

TREVISO – È finito nei guai il produttore d’armi che faceva il moralista al contrario. Si lamentava che le banche non prestassero soldi alle aziende belliche, per una questione etica, ma adesso è stato denunciato per una sfilza di reati e la sua azienda a Montebelluna è stata chiusa. I finanzieri hanno effettuato una perquisizione nella sede della Mateba Italia srl, sequestrando circa 200 tra pistole, fucili, mitragliette e munizioni. Pare che la destinazione fosse nell’Est Europa (Ungheria e Polonia) e nei Paesi Arabi. Domenico Mario Libro, un milanese di 57 anni, è indagato per gestione e messa in commercio di armi clandestine, mancata custodia di armi, trasporto abusivo di armi e parti di esse senza l’obbligatorio preavviso all’autorità di pubblica sicurezza. C’è anche l’ipotesi di irregolarità nella tenuta dei registri di pubblica sicurezza, ovvero le mancate annotazioni di carico e scarico. Il sospetto è che una parte della produzione sia scomparsa, destinata al mercato parallelo che cerca armi da usare per scopi illeciti.  (…)

Sul tema della vendita in nero di armi, il sociologo Giorgio Beretta di OPAL, l’Osservatorio Permanente per le Armi Leggere di Brescia, commenta: “Le grandi aziende sono molto attente su questo punto, perché sanno che rischiano di chiudere l’attività. Si può dire, quindi, che il settore è molto controllato”. Le accuse di non erogare finanziamenti da parte dello Stato a chi produce armi riguardano, in realtà, una facoltà che hanno le banche nei rapporti con i privati. “Ritengo inammissibile che un imprenditore faccia quel tipo di esternazioni pubbliche (‘Per ragioni etiche i produttori di armi non hanno diritto a nessun prestito’) che non solo sono false, ma che sono lesive della reputazione delle banche (che il post su FB della Mateba menziona esplicitamente) che hanno deciso di dotarsi di direttive di responsabilità sociale nei settori delle fonti fossili, delle armi, del rispetto dell’ambiente e dei diritti umani”. Insomma, sono le banche ad aver operato una scelta, dotandosi di un codice etico nei rapporti con privati, in settori sensibili come la sicurezza e l’ambiente.

Leggi tutto l’articolo sul sito de Il Fatto Quotidiano