Perché mobilitarsi sulla guerra in Yemen

Mimmo Cortese – Fonte: © Blog personale
07 luglio 2016

E’ urgente avviare una fortissima pressione e una campagna di mobilitazione!

Siamo corresponsabili, oggi, di una guerra dove il massacro di civili, il terrore, seminato a pioggia, tra vecchi, donne e bambini, è una parte fondante della strategia militare.

Si tratta della guerra in Yemen. Noi stiamo fornendo armi e stiamo cooperando militarmente con dei paesi che la stanno combattendo. Oggi. Tutto ciò è inaccettabile!

Nei giorni scorsi diversi ed autorevoli esponenti politici ed istituzionali del nostro paese hanno commentato, partecipi, il grave assassinio della deputata inglese Jo Cox. Il Presidente Napolitano ha solennemente scritto che Jo apparteneva alla “tradizione migliore e della inesausta vitalità del laburismo inglese e del socialismo democratico europeo“.

Molti, anche tra le fila del governo, l’hanno indicata come modello di impegno civile e di attivismo politico ed istituzionale del più alto valore etico ed umano.

Ma come è possibile?

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Cox nei suoi ultimi interventi ha chiesto con decisione di “porre fine al massacro di bambini yemeniti“. Ha chiesto al suo paese di adoperarsi in ogni modo per reinserire i “sauditi dove dovrebbero stare, nella “list of shame” (lista della vergogna), ha chiesto, soprattutto, di “sospendere immediatamente la vendita di armi a qualsiasi delle parti che possa utilizzarle violando il diritto internazionale“.

Come è possibile allora che il nostro paese e il nostro governo continui a trincerarsi dietro uno sconcertante e glaciale, “E’ tutto regolare“, formulato dai ministri Pinotti e Gentiloni, riferito alle forniture di bombe all’Arabia Saudita che regolarmente partono dalla Sardegna, o che la ministra della Difesa possa avere sottoscritto qualche settimana fa, il 16 giugno 2016, un accordo di cooperazione militare, per un valore di 5 miliardi di euro, con il Qatar, fedele alleato saudita in questa impresa bellica.

Come è possibile esprimere dichiarazioni di stima, di ammirazione, indicarne l’esempio – riferiti a Jo Cox – e poi prendere strade completamente opposte.

Come è possibile?

La politica dovrebbe essere l’arte del bene comune. In particolar modo nelle relazioni internazionali dovrebbe essere ispirata dalla mediazione e dalla diplomazia per spegnere incendi, prevenire conflitti, costruire ponti.

Nel mondo globalizzato dovremmo trovare un sovrappiù di possibilità per ridurre disuguaglianze, sia sul piano economico, che su quello civile, del diritto e della giustizia.

Fornire ossigeno, e benzina, a guerre e repressioni rientra, all’opposto, nell’ambito delle scelte irresponsabili, frutto di una radicalità buia sul piano delle relazioni internazionali e del più gretto, e ristretto, spirito bottegaio ispirato a produrre profitti purchessia.

E’ incomprensibile che le scelte di un paese civile possano collocarsi in questo ambito.

Pochi giorni dopo la firma degli accordi con il Qatar il ministro per gli Affari della Difesa dello sceiccato, Khalid bin Muhammad Al-Attiyah, che ha sottoscritto gli accordi in Italia, si è fatto fotografare dai network di tutto il mondo, durante una vista alle sue truppe che stanno seminando morte in Yemen.

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Come possiamo accettare tutto questo?

Il Qatar peraltro rientra nella non invidiabile schiera dei paesi con alto tasso di limitazioni ai diritti, alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica. Nel quale i lavoratori migranti, subiscono pesanti forme di sfruttamento e abusi e la discriminazione contro le donne è radicata nella legge e nella prassi.

Un paese in cui la Relazione speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati ha rilevato, nel 2014, e ribadito nel 2015gravi carenze che influenzano negativamente l’esercizio dei diritti umani, oltre che l’indipendenza e l’imparzialità degli operatori del sistema giudiziario.

Un paese in cui una risoluzione del Parlamento Europeo dello scorso anno “ritiene che la credibilità del CDU (Consiglio delle NU per i Diritti Umani) sia compromessa dal fatto che alcuni dei suoi membri, tra cui Algeria, Cina, Cuba, Etiopia, Arabia Saudita, Russia, Emirati arabi uniti, Gabon, Kazakhstan, Qatar e Vietnam, sono responsabili di continue vessazioni e incarcerazioni ai danni di difensori dei diritti umani ed esponenti dell’opposizione

Un paese in cui è ancora in vigore la pena di morte.

Per chiudere, ritornando alla guerra in Yemen, è proprio di pochi giorni fa la notizia che sono sbarcati a Lampedusa i primi profughi arrivati dal paese mediorientale.

Amaramente, tutto si tiene. E si completa drammaticamente il circolo vizioso tra export di armamenti e “import” di profughi e di rifugiati.

Nelle settimane scorse Rete Disarmo e Opal sono intervenute direttamente su quanto sta accadendo nel nostro paese e sulle conseguenze internazionali delle nostre scelte. Hanno esposto dati precisi e formulato richieste inaggirabili.

Le proposte contenute nei comunicati stampa di Rete Disarmo e Opal sulle nostre responsabilità, sia nella guerra yemenita sia, in generale, sul rispetto della trasparenza e della legalità nazionale ed internazionale, quando si tratta di produzione e commercio di armi, vanno sostenute con forza ma soprattutto con la costanza di chi è consapevole che su questo terreno la strada è lunghissima.

Credo che tutte le persone, le associazioni, i partiti che hanno a cuore una situazione diversa sul piano dei rapporti civili, del rispetto dei diritti umani, della giustizia, dell’uguaglianza e della solidarietà non possano restare in silenzio.

Vorrei chiedere ad ognuno, nel suo piccolo o grande ambito, di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per invertire la strada sulla quale il nostro paese si sta incamminando.

Sono convinto altresì che sia tra i partiti di opposizione che tra quelli di governo ci sono uomini e donne che pensano e credono che le scelte operate siano sbagliate e vadano corrette subito.

Non ho petizioni da lanciare, manifesti da sottoscrivere.

Vorrei chiedere, a questi uomini e a queste donne, di esprimersi nel modo e nelle forme che meglio riterranno opportuno. Di farlo con urgenza però, e di farlo pubblicamente.

Credo che senza esprimere una volontà pubblica la più ampia possibile, senza esercitare una pressione chiara e manifesta sulle scelte da prendere ben difficilmente qualcosa accadrà, si cambieranno indirizzi ed orientamenti.

Il Parlamento si deve esprimere chiaramente, con la massima urgenza, sulle scelte del paese in merito al conflitto in Yemen e al contributo italiano a quella guerra.

Il Governo deve sospendere ogni tipo di accordo di natura economica, commerciale o di cooperazione militare con tutti i paesi impegnati in conflitti armati nei quali sia acclarato e documentato l’impatto violento e indiscriminato sulle popolazioni civili.

Non solo per onorare degnamente la memoria di Jo Cox.

Perché il nostro paese possa essere davvero considerato una terra di civiltà, dove pace, solidarietà, giustizia ed eguaglianza possano trovare la strada e gli strumenti per essere edificate e, forse un giorno, condivise dalla maggior parte di popoli e stati.

Brescia, luglio 2016

dal blog di Mimmo Cortese (Ricercatore Analista OPAL)

Fonti e link:

http://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagine/20160616Pinotti_MoD_Qatar.aspx
Defense minister visits Qatar troops near Yemen border

 

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